Recentemente, durante le lezioni di Italiano B Higher, noi della classe 11 abbiamo affrontato un argomento che riguardava l’introduzione dell'insegnamento dei dialetti regionali italiani nelle scuole. Ma sarebbe veramente una buona idea?
Molti dibattiti si sono sviluppati attorno all’argomento. La maggior parte della gente si schiera dal lato conservativo della questione, e ammette che i giovani di oggi hanno fin troppi problemi con la lingua italiana per potersi permettere lo studio di una presunta parlata futile e senza scopo. Altri, che invece vogliono spezzare una lancia a favore dei dialetti, dicono che lo studio e l’apprendimento di una parlata locale aiuterebbe i giovani ad imparare la storia culturale della propria regione e poter di conseguenza tramandare le proprie tradizioni ai posteri.
Il dialetto, prendendo come esempio quello veneto, è usato frequentemente in ambito quotidiano dagli adulti ma anche dai giovani, che spesso hanno l’abitudine di buttare qualche detto locale qua e là. Il dialetto veneto è inoltre usato da cantanti e gruppi musicali, come la band padovana la “Piccola Bottega Baltazar”, che lo usa in certe canzoni per ricreare l’atmosfera delle campagne padane, e da cabarettisti come le "Bronse querte", i quali fanno spettacoli e pubblicano testi esilaranti sulla parlata veneta. Possiamo dunque constatare che in fondo l’introduzione dei dialetti nelle scuole, e non solo, è un'idea da prendere in considerazione.
Certo, ci sarebbero problemi con la grammatica, dato che i dialetti cambiano da città a città. Questo però non si presenta come problema per il ministro Zaia, che vede il dialetto come “identità culturale” di una regione. Per concludere vorrei esprimere la mia opinione a riguardo. L’introduzione del dialetto nelle scuole e nelle televisioni non è un’idea da scartare. I dialetti rappresentano le identità culturali di ogni regione, come dice Zaia, e dunque sarebbe un progetto interessante per insegnare le tradizioni di un popolo ai più giovani. Se queste leggi dovessero essere approvate, sarebbe un altro discorso. Solo chi vivrà vedrà!
Kirill Bonifacio