martedì 15 aprile 2014


Professori tecnologici? 

(di Alisha e Monica, year 11)


Studiando il tema della tecnologia durante il corso di Italiano B ci è venuta la curiosità di sapere se anche i nostri professori, come noi studenti, sono affascinati da social network, cellulari e Internet. Sono anche loro su Facebook? Che siti visitano? Cosa pensano delle nuove risorse tecnologiche? Abbiamo allora intervistato dodici dei nostri insegnanti per avere delle risposte. Ecco cosa ci hanno detto:



1) Cosa ne pensa delle nuove risorse tecnologiche (cellulare, pc, iPod, tv digitale, navigatore ecc...)? Quali usa maggiormente?

Dalle interviste abbiamo dedotto che tutti i professori usano il cellulare ed il computer. La maggior parte possiede anche un iPod o un iPad/tablet. Ritengono, inoltre, che le nuove risorse tecnologiche siano uno strumento molto utile sia per mantenere i contatti con amici e conoscenti, sia per incrementare il bagaglio di conoscenze, anche se talvolta sono motivo di distrazione dallo studio o dal lavoro.

2)Quanto tempo passa a navigare in rete e perché?

Tutti gli insegnanti trascorrono molte ore al giorno in rete principalmente per lavoro, per trovare informazioni utili e alcune ore per mantenersi in contatto con amici e parenti. Un numero esiguo di professori utilizza internet per seguire lo sport e per fare shopping. Quasi tutti gli insegnanti anglofoni, inoltre, si collegano ad internet per guardare i programmi televisivi del loro paese.

3)Secondo lei per quali ragioni Internet può creare dipendenza?

Esistono molteplici ragioni per cui internet può creare dipendenza. Innanzitutto la facilità di accedere alla rete, permette di collegarsi anche quando si è in viaggio. Inoltre, le persone trovano in internet soddisfazioni e piaceri che non riescono a provare nella vita reale. In particolare, coloro che hanno difficoltà a relazionarsi con gli altri vivono una dipendenza da social network o da giochi online. Un'altra ragione che causa dipendenza è, a parere di molti professori, la noia diffusa in particolare tra i giovani.

4)Ritiene che Internet sia una fonte attendibile di informazioni?

La maggior parte dei professori ha risposto che Internet può essere una fonte attendibile solo se si è in grado di selezionare le informazioni giuste attraverso un controllo incrociato. In particolare i più giovani rischiano di consultare siti poco affidabili, per reperire informazioni: per questa ragione è utile chiedere l'aiuto di un adulto o di un insegnante e essere prudenti nel selezionare l'informazione.

5)Quali sono i siti che reputa più interessanti?

Alcuni insegnanti hanno affermato di non avere preferenze. La maggior parte  naviga su siti di approfondimento didattico. Quasi tutti i docenti usano YouTube, guardano i siti sportivi e la BBC, leggono i giornali online e organizzano viaggi consultando siti quali Trip Adivisor e simili.

6)E' iscritto/a a qualche social network? Se sì, a quale?

Tutti sono iscritti a Facebook anche se alcuni non lo usano da tempo; alcuni sono iscritti ad altri social network come Twitter, LinkedIn e Google+.

7)Perché vi accede e quanto tempo spende sulla piattaforma?

Quasi tutti si collegano a Facebook almeno una volta al giorno principalmente per tenersi in contatto con amici o per ritrovare vecchie conoscenze.

8)Dicono che i social network rendano incapaci di creare relazioni autentiche. Cosa ne pensa di tale affermazione? Sarebbe più opportuno definirli “anti-social”?

La maggior parte dei professori sostiene che le relazioni create tramite i social network non possano definirsi autentiche perché distolgono l'attenzione dalle amicizie che si stabiliscono nella vita reale. Altri invece ritengono che i social network portino le persone a coltivare un maggior numero di relazioni a cui altrimenti non riuscirebbero a dare la giusta attenzione. 


9)Internet e i social network nascondono molte insidie. Quali consigli darebbe a noi giovani per usarli con intelligenza e in sicurezza?

I professori ritengono necessario che i giovani usino correttamente i social network, per esempio, devono essere sapere come funziona l'impostazione della privacy. È importante inoltre, come hanno sottolineato gli insegnanti, che i genitori educhino fin da piccoli i figli all'uso prudente dei social network e di Internet in generale. E' di fondamentale importanza non inserire informazioni personali o pubblicare foto e stati compromettenti che potrebbero far pentire una persona in futuro. Un insegnante suggerisce di non pubblicare niente in Internet che potrebbe mettere un giovane in imbarazzo davanti ai genitori, che hanno il dovere di controllare l'attività dei figli in rete.

10)Recentemente abbiamo letto un articolo che sostiene che Facebook contribuisca a rendere più soli e ad alimentare la tristezza? È d'accordo?

Il rischio può esistere per le persone più fragili e deboli caratterialmente che cercano di realizzare con i social network ciò che non riescono a costruire nella vita reale. Gli insegnanti hanno evidenziato che dipende dall'uso che se ne fa. Facebook è un ottimo strumento per mantenere le relazioni ma, può anche diventare un mezzo subdolo per creare dipendenza o per alimentare invidia e gelosia nei confronti della vita degli altri.


11)Leggete i giornali on-line o li comprate in edicola?

Solo quattro insegnanti su dodici talvolta comprano il giornale in edicola, ma tutti lo leggono online, per diverse ragioni: alcuni perché non trovano i giornali che vogliono leggere in Italia o perché il prezzo è troppo elevato; altri  ritengono invece che online si possano mettere a confronto più versioni della stessa notizia.


12)Guarda ancora la TV? Se sì, quali programmi?

Gli insegnanti hanno poco tempo per guardare la TV! Seguono insieme ai figli i programmi per bambini, altri guardano documentari, sport o programmi di intrattenimento. La maggior parte dei professori scarica programmi o film da internet e li guarda al computer. Alcuni invece non guardano mai la televisione.

13)Le capita mai di ascoltare la radio?

Quasi tutti i professori ascoltano la radio in macchina, alcuni invece la ascoltano per buona parte della giornata, altri solo un paio d'ore alla settimana.


14)Un giornalista dell'Indipendent ha raccontato i suoi 7 giorni privo di pc, cellulare, iPod, TV, navigatore ecc... Come pensa che trascorrerebbe una settimana senza tecnologia?


Quattro insegnanti hanno dichiarato che potrebbero riuscirci senza troppi problemi. Gli altri hanno precisato che, dato che la tecnologia è uno strumento essenziale per il lavoro, riuscirebbero a stare senza solo in vacanza. 

giovedì 3 maggio 2012


COME ESSERE 
UN INSEGNANTE MODELLO
di: Stijn R. (Classe 11)

Insegnanti di tutti i continenti del mondo si addormentano ogni giorno con un ossiessionante pensiero: “Riuscirò  a sopravvivere ad un altro giorno di scuola?”. Se questo è il vostro caso, siete fortunati perchè questa guida vi insegnerà, anche se siete insegnanti di professione, come comportarvi in classe per una vita più rilassante, gioiosa e soprattutto serena.

1-      LA MUSICA, LINGUAGGIO UNIVERSALE!
Mettete un po’ di musica in sottofondo durante le lezioni, gli studenti si concentreranno di più e si sentiranno più motivati, ma occhio che non inizino a ballare in giro per la classe!

2-      LA SIMPATIA, ARMA VINCENTE!
Fate battute unoristiche di tanto in tanto per rendere la lezione più interessante. Per esempio in una lezione di epica: “Achille pur sapendo che il suo punto debole era il tallone, va in guerra con i sandali...una mente cosi geniale dove si trova al giorno d’oggi?“

3-      MENO COMPITI, MENO LAVORO DI CORREZIONE
Pensateci bene, prima di assegnare dei compiti: sarete voi poi a doverli correggere! Non date quindi troppi compiti agli studenti, anzi ancora meglio, non dategliene affatto, ne guadagnerete in tempo libero e in popolarità!

4-      IL SUSSIDIO DELLE NUOVE TECNOLOGIE
Ogni giorno entrate in classe con un film nuovo e fatelo vedere ai vostri studenti dicendogli: “Questo film è molto importante ed essenziale per (la vostra materia) perchè...” . Non sottovalutate nemmeno la ricchezza di Internet, risosrsa preziosissima per tenere occupati gli studenti! Mentre faranno queste attività,  voi potrete fare quello che desiderate...

5-      PIU’ ATTENZIONE SOLO A CHI LA MERITA
Come avete sicuramente notato, in una classe c’è sempre la distinzione tra studenti intelligenti e motivati e studenti demotivati e apatici. Fate una netta divisione tra questi due gruppi anche nella disposizione dei banchi. Mentre spiegate, rivolgetevi solo al lato intelligente della classe: perchè sprecare tempo con l’altra metà?

mercoledì 29 dicembre 2010

La classe a teatro (Classe 12)


Il 29 novembre 2010, noi della classe di italiano B, insieme ad altri compagni, siamo andati a vedere lo spettacolo teatrale "Made in Italy" messo in scena dalla Compagnia italiana di prosa.  Si trattava di una rappresentazione suddivisa in tre atti unici il cui tema comune era comicità e umorismo.
La prima parte era una messa in scena di "Cecè" di Luigi Pirandello. Il protagonista, Cecè,  chiede un favore ad un suo amico per recuperare tre cambiali date ad una donna. Con l'aiuto di spiegazioni fantasiose e battute esilaranti, l'amico di Cecé riuscirà nel suo intento.

La seconda parte dello spettacolo raccoglieva vari sketch molto esilaranti tratti dagli scritti di Achille Campanile, pieni di giochi di parole e situazioni divertenti. Da segnalare la lettura di brevi storielle comiche,o barzellette,  durante la quale il pubblico si faceva delle belle risate. Ci ha colpito soprattutto quella su Galileo (vedi testo alla fine dell'articolo), che dice di aver scoperto il movimento della terra "col pendolo", mentre il Granduca a cui dà la notizia capisce "colpendolo", dando origine ad un equivoco davvero divertente. Da segnalare poi, "Il Bacio", sketch spassosissimo che svela il pensiero di due innamorati apparentemente travolti da un bacio lungo e appassionato, che dopo un po' si rivela però noioso per entrambi. Una voce  fuori campo esterna il pensiero dei due "innamorati" e la loro insofferenza, evidenziata anche dai loro gesti. La comicità di questo sketch è data soprattutto dal fatto che ci si può facilmente identificare nella situazione.

La terza e ultima parte è tratta da uno scritto di Eduardo De Filippo nel quale il protagonista spara a salve alla moglie scontrosa per farle cambiare  idea su qualsiasi discussione.
 
Le tre parti sono una più irresistibile dell'altra, grazie, oltre che alla bravura degli attori,alla genialità dei testi da cui lo spettacolo è tratto. Pirandello gioca molto sui contrari, Campanile fa sbellicare gli spettatori con giochi di parole geniali e De Filippo mette in scena personaggi tipicamente italiani.

Uno spettacolo divertente, piacevole e semplice. Consigliato!!


Clicca qui per informazioni sulla compagnia teatrale e foto dello spettacolo


 Uno dei testi di Achille Campanile presentati nello spettacolo

Galileo (Achille Campanile, Vite di uomini illustri)

Quando Galileo, osservando le oscillazioni del pendolo, fece la grande scoperta, per prima cosa andò a dar la notizia al Granduca.

“Eccellenza,“gli disse “ho scoperto che il mondo si muove”.

“Ma davvero?” fece il Granduca, meravigliato e anche un po' allarmato. “E come l'avete scoperto?”

“Col pendolo”.

“Accidenti! Colpendolo con che cosa?”

“Come, con che cosa? Col pendolo, e basta. Non c'era nient'altro, quand' ho fatto la scoperta”.

“Ho capito. Ma colpendolo con che cosa? Con un oggetto contundente? Con un'arma? Con la mano?”

“Col pendolo, soltanto col pendolo. »

“ Benedetto uomo, ho capito. Avete scoperto che il mondo si muove colpendolo. Cioè, che si muove quando lo si colpisce. Bisogna vedere con che cosa lo si colpisce.

“Non potete averlo colpito con niente. E ci vuole un bell' aggeggio per colpire il mondo in modo da farlo muovere".

Il grande astronomo e matematico si mise a ridere di cuore.

“Eccellenza”, disse “ma voi credete che "col pendolo” vada legato con "si muove”. No. Va legato con "ho scoperto”. Col pendolo ho scoperto che il mondo si muove. L' ho scoperto col pendolo”.

“Colpendo il mondo. Ho capito”.

“Ma no. Col pendolo. Col pendolo!”

“Ma colpendo chi, allora? E con che?”

“ Ma non colpendolo. Col pendolo!”

“Che modo di ragionare! Non colpendolo, ma colpendolo!”

Insomma, dovette scriverglielo su un pezzo di carta

lunedì 28 giugno 2010

Esercizi di stile (Raymond Queneau)




Gli Esercizi di stile (Exercices de style), scritti dal francese Raymond Queneau, constano di una stessa trama raccontata in novantanove modi diversi, ognuno diverso nello stile di narrazione, appunto. Furono pubblicati da Gallimard per la prima volta nel 1947, mentre nel 1969 ne uscì una seconda edizione aggiornata.
In Italia il libro è stato pubblicato nel 1983 dalla casa editrice Einaudi nella traduzione di Umberto Eco, con il testo originale a fronte.



Ecco degli esempi di Rymond Queneau, nella versione tradotta da Umberto Eco:


Notazioni

Sulla S, un un’ ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino. Gli rimprovera di spingerlo ogni volta che passa qualcuno. Tono lamentoso, con pretese di cattiveria. Non appena vede un posto libero, vi si butta. Due ore più tardi lo incontro alla Cour de Rome, davanti alla Gare Saint-Lazare. E’ con un amico che gli dice: “Dovresti far mettere un bottone in più al soprabito”. Gli fa vedere dove (alla sciancratura) e perchè.

Sogno

Mi pareva che tutto intorno fosse brumoso e biancastro tra presenze multiple e indistinte, tra le quali si stagliava tuttavia abbastanza netta la figura di un uomo giovane, il cui collo troppo lungo sembrava manifestarne da solo il carattere vile e astioso. Il nastro del suo cappello era sostituito da una cordicella intrecciata. Poco dopo ecco che discuteva con un individuo che intravvedevo in modo impreciso e poi- come colto da sùbita paura – si gettava nell’ ombra di un corridoio.
Un altro momento del sogno me lo mostra mentre procede in pieno sole davanti alla Gare Saint – Lazare. E’ con un amico che gli dice: “Dovresti far aggiungere un bottone al tuo soprabito”.
A questo punto mi sono svegliato.

Telegrafico

BUS COMPLETO STOP TIZIO LUNGOCOLLO CAPPELLO TRECCIA APOSTROFA SCONOSCIUTO SENZA VALIDO PRETESTO STOP PORBLEMA CONCERNE ALLUCI TOCCATI TACCO PRESUMIBILMENTE AZIONE VOLONTARIA STOP TIZIO ABBANDONA DIVERBIO PER POSTO LIBERO STOP ORE DUE STAZION SAINTLAZARE TIZIO ASCOLTA CONSIGLI MODA INTERLOCUTORE STOP SPOSTARE BOTTONE SEGUE LETTERA STOP.
Ecco un esempio di rappresentazione teatrale ispirata a questo originale libro:

I nostri esercizi di stile (Classe 11)

Nella classe di Italian B HL ci siamo ispirati alla famosa opera di Rymond Queneau, Esercizi di Stile, tradotta in italiano da Umberto Eco, ed abbiamo  sfruttato l’idea di riprodurre lo stesso testo usando diversi stili, cambiando la tipologia testuale, facendo giochi linguistici e giochi di parole. Nella versione originale il testo di partenza è un episodio di vita quotidiana banale che parla degli incontri di un signore in un tram e poi davanti alla stazione.
I nostri “esercizi di stile” partono invece da due testi famosi, uno in prosa e uno in poesia: un brano  dell’articolo Come reagire ai volti noti di Umberto Eco, tratto dal libro Il secondo diario minimo e una poesia di Giovanni Pascoli, La quercia caduta. Ognuno di noi ha fatto due varianti.

Esercizi di stile a partire da un brano di:
Come reagire ai volti noti di Umberto Eco, 
tratto dal libro Il secondo diario minimo

Testo di partenza:
Qualche mese fa mi trovavo a passeggiare per New York quando ho visto da lontano un tizio che conoscevo benissimo, e che stava venendo verso di me. Il guaio era che non mi ricordavo dove l’avevo conosciuto e come si chiamasse. E’ una di quelle sensazioni che si provano specie quando in una città straniera si incontra qualcuno conosciuto in patria, o viceversa. Una faccia fuori posto crea confusione. E tuttavia quel viso mi era così familiare che certamente avrei dovuto fermarmi, salutare, magari lui mi avrebbe detto subito: "Caro Umberto, come stai?" e persino: "Hai poi fatto quella cosa che dicevi?" e io non avrei saputo che pesci pigliare. Fingere di non vederlo? Troppo tardi, lui stava ancora guardando dall’altra parte della strada, ma stava giusto volgendo lo sguardo nella mia direzione. Tanto valeva prendere l’iniziativa, salutare, e poi avrei cercato di ricostruire dalla voce, dalle prime battute.
Eravamo ormai a due passi, stavo per aprirmi a un vasto e radioso sorriso, tendere la mano, quando di colpo l'ho riconosciuto. Era Anthony Quinn. Naturalmente non lo avevo mai incontrato in vita mia, né lui me. In un millesimo di secondo ho fatto in tempo a frenare, e gli sono passato accanto con lo sguardo perduto nel vuoto.
(Adattato da: Umberto Eco, Come reagire ai volti noti, in Il secondo diario minimo) 

Variante 1 
Sonetto
A New York nella grande confusione
Nel mentre mi trovavo a passeggiare
Provai quella strana sensazione
Di incrociare uno sguardo familiare

Non senza una certa apprensione
Mi angosciai stentando a ricordare
Dove e quando quella nota espressione
Mi fosse capitato di incrociare

Fiducioso di potermi salvare
Trovando nella voce un indizio
Mi accinsi a salutare quel tizio

Ma per poco lo riuscii ad evitare
Quando infine mi sovvenni con stupore
Che trattavasi di un celebre attore! 


Variante 2 
Tautogramma in P
Postumo parecchie pene, passeggiavo per provincia perno paese piuttosto popolare per panini. Persona probabilmente popolare passeggiava perpendicolarmente. Perplesso, pensai perché parlargli. Parlantina potrebbe portare pene. Per pulsione, provai porgere palese premura.
Placatomi, pupille perdute: Perbacco, personaggio pubblico parteno-Americano! 

(Kirill B.)
Variante 3 
Logo-rallye 
Parole da inserire: onda, stanchezza, finale, estate, thriller
Qualche mese fa, mentre passeggiavo per New York in una bellissima mattina d’estate, ho notato un uomo con l’aria molto familiare. Forse era frutto della mia stanchezza, ma non riuscivo proprio a ricordarmi il suo nome nè dove lo avevo visto. Mi si è calata un'onda di confusione, non riuscivo a riconoscerlo. Aveva un viso strano, come se fosse appena uscito da un thriller. E’ una storia dal finale sconvolgente perché quando era a due passi da me mi sono accorto che era Anthony Quinn. Gli sono passata accanto con uno sguardo perduto.

(Caterina P.)

Variante 4 
Escalmazioni
Perbacco! Che bella che era New York! E quel tizio! Io lo avevo già visto! Ne ero sicura! Ma che strano! Non ricordavo il suo nome! Ma che confusione! Con una faccia cosi familiare! Salutare, ho pensato! Cosi lo avrei riconosciuto! Adesso era vicino! Troppo vicino! Ma no! Non poteva essere! Anthony Quinn! Il grande attore! Non ci conoscevamo nemmeno! Gli sono passata accanto! Pensa! Accanto ad Anthony Quinn!

(Caterina P.)
Variante 5 
SMS
 amore!!!! O.o!!! a NY c'era 1 ragga da sbavv!!! ;-)
m sembrava di conoscerlo...xro' nn ricc il nome ne di dv era. >
Dovevo salutarlo??!.. nn potevo fare finta di nn vederlo :-(
Se apriva bocca lo avrei ricc :) ...
2 passi, gli davo la man quas... ke figura!!! :-X Anthony Quinn!!!!
  Ho fatto finta di niente!!! xfortuna!!:-)  

(Laure R.)
Variante 6
Tema
Oggi la maestra ci ha chiesto di scrivere cosa abbiamo fatto durante le vacanze e io ho una storia stupenda da raccontare. La mamma e il papa' dovevano lavorare ma mi hanno portato a New York con loro. Gli uomini erano alti e ciccioni con la pancia grossa grossa. Mentre aspettavo il semaforo verde ho visto un uomo vecchio, che pensavo di conoscere. Come si chiamava non me lo ricordavo bene, e neanche dove lo avevo conosciuto. Forse era di Padova come me. Volevo saltare sopra le macchine come i power rangers per andarlo a salutare ma forse era meglio di no. La mamma si sarebbe arrabbiata. Secondo me, se sentivo la voce del vecchio signore avrei capito meglio chi era. Il semaforo era quasi verde e lo vedevo avvicinarsi. In quelmomento  il papa' si è abbassato per parlarmi e mi ha detto che quel vecchio era un attore famoso. Era Anthony Quinn.  E' stata una vacanza stupenda e spero tanto di tornarci presto con la mamma e il papà.

(Laure R.)

Variante 7
Sogno

Ieri sera ho fatto un sogno stranissimo! Non ricordo esattamente… stavo passeggiando per una grande città che non sembrava New York ma era New York, e poi in distanza ho visto una persona famigliare avanzare verso di me... stranamente però non riuscivo a capire chi fosse o dove l’avessi conosciuto. Vabbè insomma poi... ah sì poi ho deciso di andare a salutarlo, così avrei potuto capire meglio chi fosse. Poi è successo che eravamo a due passi l’uno dall’altro e pensa un po’ te era Anthony Quinn!! Poi non so perchè ma mi sono girato facendo finita di niente. Che sogno buffo!

(Sabel F.)
Variante 8
Dialetto veneto inventato

Qualche mese fa, mentre iero drio passeggiar par new york, go visto na pesona che me pareva de conossar, ma però non me ricordavo el so nome e gnanca dove che a gavevo  conossua. In confusion, me so domandà se gavevo da ndare a saeudarla, parché ormai iera massa tardi pa far finta de niente. A so voxe e e so paroe me gavaria forse fato ricordar.
Ierimo ormai a do passi e mi iero xa pronto pa darghe ea man, quando che me so incorto che el iera Tony Kinn. Go vudo pena el tempo de frenar e passarghe de fianco col sguardo perduo nel vodo.
(Sabel F.)



Esercizi di stile a partire dalla poesia
La quercia caduta di Giovanni Pascoli.

 
Testo di partenza:
Dov'era l'ombra, or sé la quercia spande
morta, né più coi turbini tenzona.
La gente dice: Or vedo:era pur grande!  


Pendono qua e là dalla corona
i nidietti della primavera.
Dice la gente: Or vedo:era pur buona!


Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Nell'aria, un pianto… d'una capinera


che cerca il nido che non troverà.


Parafrasi
Una quercia abbattuta giace ora dove prima c’era la sua ombra e il vento non soffia più tra i suoi rami. La gente osserva la sua passata grandezza e loda la sua generosità notando alcuni nidi fatti dagli uccelli in primavera che pendono qua e là dalla chioma. Tra una lode e l’altra tutti tagliano dei rami. Verso sera ognuno torna a casa con il suo bel pezzo di legno. Nell’aria si sente piangere una capinera alla ricerca del nido che non troverà.

(Adattato da: Giovanni Pascoli, La quercia caduta)



Variante 1
Articolo di cronaca

Quercia abbattuta
Insensibili al pianto disperato di una capinera che ha perso i suoi piccoli,
i cittadini fanno incetta di legna.

San Mauro di Romagna. Ieri, nel primo pomeriggio, durante un violento temporale, una quercia secolare che da decenni regalava la sua ombra al parco comunale ha ceduto all’eccezionale  forza del vento che è riuscito a sradicarla completamente. Non appena la pioggia si è placata una schiera di curiosi si è accerchiata attorno alle spoglie dell’albero, commentando il fatto. “ Era enorme!” ha osservato un’anziana signora con stupore, che solo vedendo l’albero a terra si è resa conto delle sue dimensioni. Altri invece hanno notato i vari nidi che ancora pendevano dai rami, osservando che non solo la quercia era grande ma anche generosa. Questa scoperta non è tuttavia bastata a  frenare l’opportunismo di quelli che, indifferenti alla sorte della povera pianta e delle creature che vi abitavano, hanno cominciato a sezionarla per fare scorta di legna per l’inverno. E mentre tutti erano intenti ad approfittare di questa occasione, quasi nessuno ha notato il pianto di una capinera che cercava disperatamente i suoi piccoli dispersi. Un ennesimo esempio di quanto la gente sia ancora insensibile in fatto di ecologia, nonostante le numerose campagne promosse da varie associazioni in questi ultimi tempi per creare una “coscienza ecologica” nel cittadino. C’è ancora molto da fare in questo senso, purtroppo!

Variante 2
Lipogramma in A (senza usare la lettera A)
Un Quercus robur distrutto è mò disteso dove un tempo il suo buio fu padrone, e il vento non muove più i suoi ceppi. Il popolo vede come fossero le sue dimensioni, e riconosce il suo nobile servizio, scoprendo un po’ di nidi costruiti nel periodo del risveglio del cosmo che pendono qui e lì sotto le foglie. Sotto finto rincrescimento, tutti rompono dei ceppi. Verso il crepuscolo ognuno converge verso il proprio domicilio con il suo bel pezzo di legno. Nel cielo un piccolo Silvide migratore geme, geme perché non vede più il suo nido. 

(Kirill B.)


Variante 3
Lipogramma in I (senza usare la lettera I)
Un albero del gruppo delle querce abbattuto dorme ora dove un tempo c’era la sua ombra e la brezza non muove le sue fronde. La gente osserva la sua passata grandezza e loda la sua bontà notando alcune tane create da uno stormo alato  al destar del cosmo che ora pendono qua e là dalla verde fronda. Tra una lode e l’altra ognuno rompe qualche ceppo. Verso sera ognuno torna a casa con un bel pezzo legnoso. Nell’atmosfera un uccello canoro dal capo nero geme, cercando una casa che non troverà.

(Kirill B.)

Variante 4
Fiaba
C'era una volta una quercia. Era bellissima, alta e maestosa, la regina delle querce. Ma  un triste giorno un violento temporale la fece cadere a terra. Non soffiava più il vento tra i suoi rami, era ormai morta. La gente tagliava i rami mentre pensava alla sua passata grandezza. Ma poveri uccellini, dove sarebbero andati a dormire? I loro nidi si trovavano proprio su quell'albero. Volavano attorno alla pianta piangendo per la casa distrutta. La cosa che li  rendeva ancora più tristi era che la gente, che una volta amava quella quercia per la sua gentilezza nell'offrire la sua ombra, non si faceva problemi ora a tagliare i rami. Loro però non sapevano che era come tirarle i capelli. Povera quercia, com’era bella. E poveri uccellini, in cerca di una casa nuova. E nonostante questo episodio triste la gente di quel paese continuò a vivere felice e contenta con il ricordo di quella fantastica quercia.

(Caterina P.)

Variante 5
Precisazioni
Una quercia di 12 metri e 36 centimetri era caduta. Prima di cadere questa quercia faceva 35 metri quadrati di ombra. Appena caduta 24 persone, di cui 13 uomini, 7 donne e 4 bambini, erano andati per tagliare alcuni dei 74 rami dell’albero. A 16 metri e 62 centimetri di altezza circolava un pennuto di 4 centimetri. Egli piangeva perché il suo nido fatto da 107 rametti e con una circonferenza di 17 centimetri, era stato distrutto dalla caduta della quercia.

(Caterina P.)

Variante 6
Punto di vista della capinera
E’ una bella giornata di autunno, sto riposando con i miei piccoli tra i rami di una quercia. Tutto ad un tratto il nostro nido inizia a tremare e quando vado a controllare, vedo tanti umani che stanno ferendo il povero albero. Mi avvio di fretta dai miei piccoli, che non sanno ancora volare, ma poco prima di arrivare la quercia cade a terra portando con sè i miei bambini. Povera me! Sto volando da ore in cerca di loro, la gente nota i nidi ma non fa certo caso a me, impegnata com’è a staccare le braccia della quercia anche se soffre… Ormai è sera, tutti se ne vanno verso casa portando la legna che hanno tagliato, ma nessuno si accorge di una povera capinera che piange per i suoi piccoli.

(Sabel F.)

Variante 7
Intervista
- Cosa satava facendo lei la mattina dell’accaduto?
- Ero con i miei piccoli, nel nostro nido
- Ci racconti brevemente cosa è accaduto
- Come ho gia detto eravamo nel nostro nido, ed era un pomeriggio tranquillo. Ad un certo punto tutto tremava e la povera quercia ha cominciato a piangere. Mi sono alzata subito per andare a controllare cosa stava succedendo ed a mia sorpresa ho capitoche degli umani stavano ferendo la quercia. Sapevo che qualcosa di brutto stava per succedere, e quinid mi sono recata subito dai miei piccoli che, spaventati, mi stavano chiamando. Piccoli com’erano non sapevano ancora volare.
- Perchè dice com’erano?
- Perchè ormai li ho persi non potrò più stare con i miei adorati. Non ho fatto in tempo ad arrivare da loro quando il nido è caduto con la quercia.
- E poi cosa ha fatto?
- Li ho cercati tutta la sera. Li chiamavo, ma nessuno mi rispondeva.
- Nessuno l'ha aiutata?
- No. Gli umani tagliavano i rami dell quercia che ormai era morta. Poi hanno portato la legna a casa , lasciandomi sola  alla ricerca del mio nido perso.

(Sabel F.)

 Variante 8
Definizioni
Un albero di alto fusto con foglie lobate, giace dove prima si trovava un zona di oscurità, prodotta da un corpo opaco che intercettava la luce. Nessuno spostamento di masse d'aria atmosferiche dovute a differenza di temperatura o di pressione soffia più tra la parte dell'albero che si diparte dal fusto. Un numero indeterminato di persone, guardano con attenzione, le sue passate proporzioni che superano la norma, e celebrano con parole o inni di esaltazione il suo essere generoso. Destinguono con segni il riparo di forma e materia varia, costruito dagli uccelli nella stagione dell'anno compreso fra l'inverno e l'estate che si muove similarmente al pendolo qua e la' dalla parte dell'albero che si scompone in rami e ramoscelli. Tra il celebrare con parole, tutti fendono in più parti per mezzo di una lama le braccia dell'albero. Verso l' ultima parte del giorno compresa fra il tramonto e l'inizio della notte, ognuno torna all'appartamento in cui una famiglia dimora, con un pezzo di  solido di materiale da costruzione ricavato dal tronco di certi alberi. Nell'aria, si viene a sapere delle lacrime involontarie versate da un uccellino di bosco dal canto dolcissimo, con capo nero e becco sottile, che cerca il nido che non trovera'.

(Laure R.)

Variante 9
Retrogrado
Un uccellino di bosco nell'aria cercava il nido che non trovava, quando il sole era gia sceso. Le persone erano tornate a casa con il loro pezzo di legno prima ricavato  dal tronco di un albero. Avevano festeggiato, mentre tagliavano la legna. I nidi costruiti dagli uccelli erano stati distrutti, e pendevano dai rami. Era stato un albero di una grandezza mai vista, e le persone lo avevano ammirato e lodato. Una volta c'era stato un albero alto e pieno di foglie, ma non c'era vento o aria che riusciva a passare tra le foglie.

(Laure R.)



domenica 16 maggio 2010

Testo ispirato al dipinto "Chemin creux, effet de neige" di Armand Guillaumin (Ravi K., classe 11)

Mercoledì 26 gennaio

Caro diario,
molte volte mi chiedo cosa porti in serbo la mia vita. Alle volte è spensierata e imprevedibile mentre in altre circostanze si rivela monotona. Stamattina sono tornato da Parigi. La mia permanenza lì è durata due giorni durante i quali mi sono recato al museo d'Orsay per studiare i quadri impressionisti di Armand Guillaumin. I pomeriggi sono passati molto lentamente perchè i quadri si assomigliavano tutti e mi sembravano piuttosto banali. Stamane però era molto diverso: mi sentivo finalmente spensierato! Sarà stata l'aria italiana, o la vista della neve accumulata ai lati delle strade... questo proprio non lo so! Fatto sta che stavo rientrando a casa a piedi perchè il sentiero che conduce alla frazione Costofreddo era ricoperta di neve. La camminata è assai lunga e tortuosa e a peggiorare le cose faceva molto freddo e io indossavo una giacca leggera. Non c'era nemmeno un po' di sole a causa delle querce che costeggiano il sentiero. Ad un certo punto è arrivato il momento più inquietante e allo stesso tempo sorprendente: stavo vedendo la copia identica ma reale di un'opera di Guillaumin dal titolo "Chemin creux, effet de neige". Era esposta al museo d'Orsay e io la trovavo orribile. Sono rimasto a bocca aperta. Un'anziana signora stava lentamente percorrendo il sentiero dandomi le spalle. Coperta da un velo bordeaux, sembrava che fosse l'unica persona vivente a causa della desolazione del paesaggio. La neve si stava sciogliendo, creando del fango che mi sporcava i pantaloni. Gli alberi e i cespugli spogli sulla sinistra rappresentavano la tristezza del luogo mentre sulla destra una recinzione con il filo spinato separava il cielo dalla terra. Questa sensazione di solitudine mi ha fatto sentire abbattuto. Nonostante ciò, mi sono reso conto che non sempre si possono descrivere eventi come coincidenze...

mercoledì 12 maggio 2010

Testo ispirato al dipinto "Soleil couchant à Ivry", di Armand Guillaumin ( Zesong P., classe 11)

                                                
 Con l’avvicinarsi dell’autunno, le condizioni in campagna diventavano ostili ed era difficile guadagnare qualcosa da vivere con quel poco che  si otteneva lavorando giorno e notte sui campi. Il raccolto andava di anno in anno peggiorando e ogni anno mi chiedevo se io e la mia famiglia saremmo riusciti a  superare l'inverno. Avevamo sentito delle voci sulla vita in città che sembrava essere migliore di quella  in campagna...  lo so, lo so, erano solo voci, ma valeva la pena tentare, perchè se non rischi non ottieni nulla. Il mio vicino di casa, influenzato da queste voci aveva deciso un giorno, assieme ad altri conoscenti, di andare in città a lavorare ed io per qualche motivo mi ero fatto convincere e alla fine avevo deciso di seguirli. Alle prime luci dell'alba un giorno, io e i miei amici ci siamo così messi in cammino verso la città. Il viaggio era stato lungo e faticoso, ma pensavamo che alla meta ci aspettasse una visione paradisiaca come descritto dalle voci che avevamo sentito; invece con orrore, ci siamo subito resi conto che eravamo stati ingannati. Ci siamo trovati dinanzi uno scenario cupo ed inimmaginabile: all’orizzonte si innalzavano da alcune ciminiere, due cortine  di fumo che andavano via via espandendosi fino a formare nel cielo acceso d’arancione dal sole due immense nubi nere come la pece, come in prossimità di un temporale. Questo fumo che sembrava spuntare da un incubo dava allo scenario un’aria così cupa e spaventosa che persino le case disposte uniformemente all’orizzonte sembravano rispecchiare: rimanemmo immobili di fronte a questo spettacolo raccapricciante. Nessuno di noi aveva più la forza di fare un passo verso quel sentiero tappezzato qua e là da macchie di verde che portava verso la nostra meta. Nessuno di noi aveva più quell’entusiasmo che avevamo prima di partire. L’unica cosa che sembrava essersi salvato da quell’incubo era il fiume che continuava imperterrito il suo viaggio di fronte ad un tale scenario. Il fiume che seguiva il percorso del sentiero, era rimasto puro e questo lo si notava dal colore dell’acqua limpida che rispecchiava il colore rossastro del cielo che, mischiato a quello dell’acqua , sembrava prendere una nuova forma. Una forma che ci ricordava la campagna che avevamo lasciato. Ora riuscivo a distinguere la realtà dall’illusione: quello che stavamo vedendo non era frutto della nostra immaginazione,m a la pura verità. Volevamo scappare da là, nuotare fino all’isoletta in mezzo al fiume e nasconderci sotto le alte fronde degli alberi come facevamo una volta da bambini. Almeno là ci saremmo sentiti a casa, ma non potevamo, perchè dovevamo pensare alle nostre famiglie e per quanto fosse dura intraprendere quel sentiero,dovevamo resistere alle tentazioni e marciare avanti come fanno i pedoni negli scacchi.

Testo ispirato al dipinto "Montmartre, rue Saint-Vincent" di Stanislas Lépine (Sabel F., classe 11)

Dopo una giornata lunga, sono tornata a casa. Il sole splendeva ancora nel cielo color celeste. C’erano anche delle nuvole bianco latte. Le case del villaggio sapevo che erano vecchie, ma solo in questo particolare giorno mi ero accorto delle crepe profonde sui muri, o del loro colore sfumato. Le finestre erano rotte senza vetri, anche se con il caldo che faceva forse era meglio cosi.
Dietro le poco case, c’era la foresta. Una foresta ricca di alberi alti color verde oliva. Sembrava toccassero il cielo.
Da lontano sembrava un posto brutto e vecchio, ma poi da vicino capivi quanto bello era. Le donne che lavoravano avevano un sorriso caldo, che regalavano a tutti, anche se si notava dalle rughe profonde e dalle mani ruvide, che erano state tutta la vita a lavorare dalla mattina alla sera, e che erano stanche.
Mi è venuto incontro Tobia. Non era il mio cane ma era di tutti. Mi ricordo ancora il giorno che lo trovammo. Con il suo pelo bianco e lucido era impossibile non portarlo a casa.
Camminavo sul terreno umido, bagnato a cause della prima pioggia d’estate. Era di un colore marrone chiaro,ed ogni tanto trovavi dei sassi grigio fumo.
Non era molto, ma per me era tutto, un piccolo villaggio ma pieno di amore, natura ed amicizia.

Testo ispirato al dipinto "La bergère" di Camille Pissarro (Kirill B., classe 11))

Sogno di una mattina di mezz’autunno

Era una giornata sorprendentemente afosa e molto calda per  essere a fine dicembre. Uscii dalla stalla per cercare Olivia, e la vidi tutta assorta, con uno sguardo sognante ed un 'espressione dolcemente vuota, appoggiata contro il muretto esterno, quello tutto ricoperto di edera. Aveva in mano quel frustino verde e ruvido dal quale non si separava mai, e lo usava per dare vaghi colpetti ai fiori dell’edera. Era uno spettacolo unico: la sua lunga gonna blu lavanda, fatta di cotone, accentuava in modo eccessivo il volume dei suoi fianchi, conferendole un’aria alquanto buffa. La sua maglia nera le andava un po’ corta sulle maniche ed un cappello giallo con delle sfumature a pallini color rosso le copriva i capelli. Le sue calze erano la ciliegina sulla torta: rosse, quasi arancione, messe in ancor più allegro risalto dalle scarpe gialle che indossava. La sua carnagione bianca, pallida, ma allo stesso tempo candida come quella di un angelo, giustificava quella sua apparente assenza mentale, come volendo dire: “Sono troppo bella, sono un angelo”. L’edera che ricopriva il muretto sul quale Oliva era appoggiata era un caleidoscopio di giallo e di verde simbolico dell’autunno. In lontananza un albero dominava la radura proprio dietro al muretto. Sembrava che tutto quello che era attorno ad Olivia non esistesse, o meglio, fosse solo un’unica mistura, un insieme compatto ma che aveva come solo scopo quello di mettere in risalto la sua figura. La chiamai due volte, ma rimase immobile senza rivolgermi la minima attenzione. Alla terza volta, alzando un po’ la voce, Olivia fu presa da un sussulto improvviso, e rendendosi conto della mia presenza, si ricompose, si alzò in piedi, e venne verso di me. “Scusa papà, sono uscita un attimo dopo aver riempito l’abbeveratoio dei cavalli... faceva così caldo!”. Le sorrisi, ripensando per un attimo a quello straordinario spettacolo al quale  avevo assistito fino a qualche secondo fa, e con un tono dolce le dissi “Non ti preoccupare Olivia, adesso però torna dentro che tua madre ha bisogno del tuo aiuto”, ed è corsa via: che ragazza singolare!

Testo ispirato al dipinto "L'estaque, vue du golfe de Marseille" di Paul Cézanne (Caterina P., classe 11)

Cara Carolina,

Come tu già sai, adesso mi trovo a Marsiglia; per essere più precisi nel Golfo di Marsiglia. Stavo passeggiando, ammirando la natura mozzafiato che avvolge il Golfo, e al lato di un sentiero ho notato un piccolo muro di sassi; lì mi sono fermata, ed è il posto da cui ti sto scrivendo. In questa regione la coltivazione di ulivi è molto diffusa, proprio per questo davanti a me ho il piacere di ammirare una flora e una fauna che sono spettacolari. In riva al lago scorgo una piccola casetta gialla, dove ho sentito dire offrono dolci tipici del luogo. Proprio quella è la mia destinazione, in questo momento però sono incantata dal mare e dalla sua bellezza. Ha l’acqua di un color verde smeraldo, molto intenso, che batte regolarmente sulle rive del lago, producendo un suono molto gradevole e rilassante. Sulla riva opposta si trova una catena montuosa dall’aspetto maestoso, dove penso vengano coltivate viti. Inoltre, sempre davanti a me, si trova un piccolo giardino immerso in un verde crepuscolo; da quello che mi pare di vedere, ci sono delle mimose in fiore, sempre all’interno di questo stupendo giardino. Mi piacerebbe molto poter ammirare da più vicino questo posto, tuttavia è una proprietà privata: non penso che ai proprietari farebbe piacere avermi dentro. Nell’aria sono sicura di annusare un odore molto fragrante e molto dolce, e leggermente frizzante. Questo probabilmente perché il vento lo ha trasportato dalla riva del  mare. Ah, che silenzio incredibili attorno a me, non si muove una mosca; tutto quello che le mie orecchie sentono è il leggero fruscioche provoca la brezza del mare. Per finire vorrei descriverti l’incantevole bellezza del cielo, non c’è una nuvola, ed è di un color turchese talmente profondo da assomigliare a un gioiello. Spero che anche tu un giorno possa ammirare questa spettacolare visione che vedono i miei occhi, perché veramente lascia senza fiato.

Spero di poterti vedere presto, e raccontarti di tutte le mie avventure. Una bacione,

la tua amica Caterina.

Testo ispirato ad una foto (Laure R., classe 11)

 La strada dei sogni
 

Domenica 16 agosto. In sella alla bici arrugginita, con gli occhiali da sole che mi coprono il viso, alzo lo sguardo per vedere il sole splendere nel limpido cielo. E' la fine di un'altra giornata stupenda, piena di divertimento che si conclude con la musica. La musica è un insieme di note che, unendosi, formano uno specchio come il mare, che è capace di farci vedere come siamo veramente. Mi muovo velocemente verso il luogo dove sognare è ancora possibile. Con lo sguardo verso l'infinito, mi siedo per ammirare la cosa più bella che abbia mai visto: il mare.

La luce del sole riflette sul mare da dietro le palme, e mi ricorda che un altro giorno è già finito, però presto ce ne sarà un altro. Il sole se ne va per lasciare spazio alla luna, accompagnata dalle stelle. Il mare resta calmo. La luce inizia a svanire, con colori varianti dal blu fino al rosso, che rendono l'atmosfera più calda. Nel vasto cielo color fuoco con macchie di nuvole che lo rendono più vivace. Con le loro forme misteriose, ci offrono l'opportunità creare una immagine a propria scelta.
Il sole si vede leggermente spuntare tra una lunga fila di palme, di un colore verde scuro. Hanno dimensioni diverse, e ognuna si distingue dall'altro attraverso le sue foglie spinate.
Il mare è calmo, tranquillo, niente si muove, sembra essere morto. Nessuno che nuota, nessuno che gioca, niente, solo il mare con il sole che si riflette. Vicino alla costa alcuni sassi sparsi sporgono dalle acque del mare, mentre in distanza si vede un blu più scuro. Ogni lato che guardo sembra infinto. Già da piccola sognavo salire in una barchetta e remare più lontano che potevo per scoprire cose avrei trovato dopo tutto questo.
Non passa più nessuno, e mi ritrovo seduta da sola, in mezza ad erba corta, tutta tagliata alla stessa altezza. Un campo di verde con insetti che si muovono rapidamente da un luogo al'altro. Ormai avendo già visto il panorama, mi stendo per accogliere la leggera brezza di estate.
E già finita un'altra giornata, aspetto la prossima con  ansia.

lunedì 10 maggio 2010

Descriviamo una persona (classe 11)

Mio nonno (Kirill B.) 
 
Mio nonno si chiama Sergio (italianizzato da Sergeiy, che è il suo vero nome), ed è un uomo di mezza età. E’ alto, con una corporatura robusta, forse un po’ grassa, giustificata però dalla sua età. Ha i capelli corti e canuti e le folte sopracciglia collocate sul suo viso da bambino riescono a dargli un’ espressività serena ed allegra. Ha il naso a patatina, caratteristica che dà al suo volto un’aria ancor più gioiosa, ma se si incrocia lo sguardo con i suoi occhi grandi e color cielo allora tutto cambia e ti senti penetrato nell’ animo. Sotto al naso spuntano due labbra sottili e rosse, tanto da dare l’impressione che faccia uso regolare di rossetto. Nonno è sempre tranquillo, e la sua voce profonda e rasserenante rende piacevole intrattenersi in lunghi discorsi con lui. Quando cammina, sembra si trascini sulle ginocchia, il che gli dài un’aria perennemente stanca. L’unico difetto di mio nonno è la sua testardaggine e la sua dogmaticità. Dato che è un professore, si crede sempre il più intelligente e gli piace essere il deus ex machina della situazione. Quando litiga, seppur sempre raramente, con nonna, non cambia mai idea, anche se è dalla parte del torto. E’ però una persona estremamente generosa ed intelligente, e mi piace pensare a lui come all’ Umberto Eco della mia famiglia. Gli voglio un mondo di bene e sono fiero di averlo come nonno!

Un amico: colui che ti accetta con pregi e difetti (Laure R.)

Sono in camera, distesa sul letto, mentre guardo le foto dell’ estate scorsa. Foto che portano con loro un immenso ricordo di persone importanti nella mia vita. Sfogliando il colorato album fotografico, ad un tratto mi fermo e fisso un'immagine, scoprendo cose che non avevo mai visto di una persona a me cara. Si chiama Luca; il mio migliore amico. È il mio sostegno più grande, colui che trova sempre le parole giuste per consolarmi e farmi tornare il sorriso. Lo conosco da poco ma spesso basta uno scambio di sguardi per capire cosa pensa  l’altro. Mi ha insegnato ad essere più sicura di me, che la vita sta dalla parte dei coraggiosi e non da quella delle persone che si nascondono. Luca ha sempre creduto in me, anche quando sbagliavo, dicendomi; “ Hai fatto un errore, ma ricordati che è dagli errori che si impara cosa è giusto e cosa è sbagliato. È dagli errori che si impara e si cresce.” Le persone nella famiglia non si scelgono, ma con gli amici è diverso. Gli amici decidono se vogliono restare, e non sono costretti ad amare. L’amico e colui che ti accetta con i tuoi pregi e i tuoi difetti. Luca é un vero amico.
Luca è un giovane spilungone, di 17 anni. Un ragazzo affascinante e dolce come il miele. Un cespuglio nero, con riccioli alle punte, gli copre la fronte spaziosa. Il suo viso pallido, ovale, splende alla luce del giorno come i suoi occhi tondi, neri-castani penetranti come i raggi del sole. Ha un nasino all’insù, circondato da piccole lentiggini sporgenti sulle sue guance sciupate che gli donano uno sguardo espressivo. Ha un mento volitivo e la bocca con labbra carnose.
Per strada tutti i passanti restano a bocca aperta, lui con il suo fisico muscoloso che sembra uscito dal programma televisivo Baywatch. Spalle atletiche larghe con sotto l’impronte dei lineamenti di una tartaruga sulla pancia. Da sotto i pantaloncini rossi accesi, spuntano due gambe forti, dritte, leggermente pelose.
Metallaro, punk, rock, emo, truzzo, non rientra in nessuna delle categorie in cui veniamo classificati: Luca è uno per sè. Veste sportivo, con uno stile americano; jeans, scarpe larghe che sembrano cadergli dai piedi ad ogni passo, e maglietta della sua band preferita. Un ragazzo che suona la chitarra e trova la passione di esprimere a noi la sua vera identità tramite la musica heavy metal.
Ma un amico non è colui che ha un fisico formidabile, ma colui che ha un carattere prodigioso. Colui che è presente nei momenti di allegria, ma ti sostiene nei momenti peggiori della vita. Colui che ti dona suggerimenti che spesso dimentichiamo, ma ancora ti perdona. Colui che sarà sempre al tuo fianco; un vero amico. Il mio migliore amico è Luca, colui che amo.

 "La Sartori" (Ravi K.)

La ‘Sartori’ è una ragazza di sedici anni che ha studiato, in passato, con me. Una delle persone più leali che si possano mai trovare anche se non sempre è affidabile. Di soprannomi non gliene hanno mai dati ma la potremmo chiamare ‘Ridolina’ dato che ride tantissimo. Infatti, è una ragazza estroversa che parla con tutti. Anche se è il mio opposto, siamo amici da una vita ormai. C’è sempre qualcosa di cui parlare. È una chiacchierona e molti dei miei amici dicono che diventerà una parrucchiera da quanto parla. Lei si contraddistingue per la sua capacità di spettegolare che, però, in molti casi mi irrita. Non le si può dire nulla perché è una delle persone più testarde che io conosca. Mai, in nessuna occasione (anche quando aveva palesemente torto) dirà ‘scusa’ o ‘hai ragione’. In ogni caso, fino ad ora, almeno, è sempre stata, non solo leale, ma anche sincera. Non ha peli sulla lingua e mi ricorderò sempre quando mi ha detto, chiaro e tondo, che avevo trattato una persona in modo indegno.
La Sartori è abbastanza bassa ed è per questo che la prendiamo in giro certe volte. Porta gli occhiali ma spesso si mette le lenti a contatto. Ha la faccia ovale e gli occhi verdi che stanno molto bene con i suoi capelli marroni, lunghi e ricci. Non so perché, ma lei ama il suo naso a patata ma invidia le mie labbra carnose. Si distingue facilmente nella folla per via dei suoi capelli. Il suo abbigliamento è a volte casual e a volte elegante, come se avesse due facce. In ogni caso, la Sartori è stata e sarà sempre un’amica.

Mia mamma (Sabel F.)

La persona che voglio descrivere è una persona molto cara a me, ed una persona a cui voglio molto bene, e che rispetto molto: mia mamma.
Mia mamma è una donna di statura media, e abbastanza magra a parte quel po' di pancia che ha a cause del parto. Ha degli occhi grandi e molto scuri, ma anche molto espressivi, infatti si può capire come si sente guardando solo i suoi occhi. I suoi capelli sono lunghi, scuri e lisci. Sono anche molto luminosi e morbidi come velluto. Il naso di mia mamma è schiacciato e piccolo, ed è per questo che in famiglia la prendiamo sempre in giro. Ha uno sguardo profondo e molto interessante, perchè ad ogni suo sentimento è collegato uno modo di guardare diverso.  La sua voce è sciolta e sottile, ma quando si arrabbia o si infastidisce diventa aggressiva.
L’ abbigliamento di mia mamma varia molto, e questo è perchè le sta bene quasi tutto. Ci sono dei giorni in cui è molto sportiva, soprattutto quando deve andare a giocare a tennis. Altri giorni invece è casual e alla moda, questo è quando si mette dei jeans con una maglietta abbinata. Ci sono delle sere, quando esce con amici o mio papà, che è stupenda. Per queste occasioni è molto elegante e raffinata. A volte si indossa dei bei vestiti, altre delle gonne, ma qualsiasi cosa decide di mettersi ha sempre adosso delle scarpe col tacco. Infatti mia mamma è appassionata delle scarpe e ne ha tantissime e tutte di diversi colori.
Come carattere mia mamma è spesso molto allegra e sorridente, anche se può essere un po ' lunatica. È una donna molto organizzata ed ordinata, però può essere anche molto severa e quando si arrabbia diventa molto cattiva ed il suo sguardo diventa pungente ed aggressivo. Infatti quando si arrabbia in famiglia abbiamo un po' tutti paura anche se è arrabbiata con un’altra persona. Quando però è tranquilla, è molto coccolosa e buona : cucina sempre quello che voglio e fa sempre quello che mi piace. È anche molto generosa e sempre pronta a dare a chiunque quello che ha.
A mia mamma piace molto giocare a tennis, e le piace anche stare in compagnia ed è per questo che a casa nostra abbiamo sempre molti ospiti. Le piace viaggiare per visitare posti nuovi. Ma quello che le piace di più è stare con la sua famiglia e fare il più possibile per loro affinchè siano felici.

Andrea (Zesong P.)

Si distingue tra gli altri per quell’andatura simile a quella di un soldato, sempre composto al punto da sembrare meccanico, con quell’aria autorevole, ma in fondo in fondo scopri che è mite appena lo conosci meglio.  Sembra a prima vista uno sportivo, data la sua corporatura snella e prestante,m a l’apparenza inganna, perchè in realtà non gli piace praticare sport impegnativi come calcio o pallacanestro, perchè nonostante il fisico è affetto da asma, perciò non puo’ correre troppo. Non è molto alto, non riusciresti a distinguerlo in mezzo alla folla: l’ultima volta che ci siamo persi a Prato della Valle , trovarlo... come cercare un ago in un pagliaio!
 La cosa che odia di più al mondo è andare a fare shopping, infatti ogni volta che ci fermiamo davanti ad un negozio interessante d’abbigliamento, lui fa sempre finta di non vederlo e cerca di trovare una via di fuga. Nonostante questo aspetto sconcertante, ha nell’armadio una intera collezione di vestiti, molti di cui anche alla moda. Questo fatto ha sempre incuriosito tutti, e tutti si domandano come faccia ogni giorno ad uscire con un nuovo paio di scarpe o una nuova maglietta se non lo vedi mai in un negozio. Un aspetto buffo di lui e che suscita interesse, si manifesta durante il giorno, quando va fuori in bicicletta o anche a piedi: guarda alla prima cosa che riflette la sua immagine,come il vetro di una macchina o anche una semplice pozzanghera d’acqua. Molte volte mi chiedo se è la reincarnazione di Narciso.Quando si specchia, si sofferma sempre a guardare i suoi occhi verdi e i capelli biondi separati da una fronte minuta senza tracce di brufoli. Quando si tagliava i capelli, li aveva a spazzola che spuntavano da ogni parte della testa come aghi pungenti che, accompagnati al suo sguardo serio e penetrante, spaventerebbe chiunque, ma accompagnati sempre da un sorriso smagliante, non spaventano nemmeno un gatto. Ha un carattere ambiguo. è molto timido e riservato con gli sconosciuti, ma si lascia andare subito e diventa una macchina parlante,come se fosse in una maratona. Così si distingue fra i suoi coetanei l’eccentrico Andrea, sempre pronto ad intervenire quando sbagli, con un look raffinato che nasconde dentro di sè segreti inesplorati. Molto acuto nell’osservazione, quando vede qualcosa che non quadra, è sempre il primo a cercare una spiegazione, e quando non ne trova una razionale, racconta sempre una storia fantastica correlata con gli alieni.

Mia mamma Janine (Caterina P.)

Mia mamma è molto alta e snella, ed è così di natura. Anche se non fa mai sport riesce sempre a mantenersi in forma. Ha gli occhi verdi molto espressivi, tanto che si capisce immediatamente quando sta architettando qualcosa. I suoi capelli, castani, sono corti e crespi proprio come quelli che aveva una volta mia nonna. Il suo sguardo e’ quasi sempre sereno e allegro, ma quando si infastidisce diventa così serio e penetrante che incute molta paura. Mia mamma ha un’andatura molto disinvolta, che si riflette anche nel suo abbigliamento: sobrio ed elegante. La sua voce, molto cordiale ed armonica, è come il suo carattere disinvolto. E’ una donna molto generosa e ottimista, questo si nota facilmente quando si trova in mezzo a tanta gente perché trasmette allegria e soprattutto fa amicizia molto facilmente. Le piace molto stare in compagnia, infatti, trova sempre il modo di uscire per vedere vecchi amici o conoscere nuove persone. Mia mamma è la mia migliore amica , ogni volta che io ho un problema lei sa sempre come risolverlo. E' inoltre molto dolce e generosa e lo dimostra, per esempio, con le merendine e le sorprese che mi fa trovare ogni giorno al mio ritorno da scuola. Mia mamma è come una leonessa, perché farebbe qualsiasi cosa per proteggere e accontentare me e mio fratello, e per vederci felici. E’ una persona fantastica perché riesce sempre a voler bene a chiunque.