mercoledì 12 maggio 2010

Testo ispirato al dipinto "Soleil couchant à Ivry", di Armand Guillaumin ( Zesong P., classe 11)

                                                
 Con l’avvicinarsi dell’autunno, le condizioni in campagna diventavano ostili ed era difficile guadagnare qualcosa da vivere con quel poco che  si otteneva lavorando giorno e notte sui campi. Il raccolto andava di anno in anno peggiorando e ogni anno mi chiedevo se io e la mia famiglia saremmo riusciti a  superare l'inverno. Avevamo sentito delle voci sulla vita in città che sembrava essere migliore di quella  in campagna...  lo so, lo so, erano solo voci, ma valeva la pena tentare, perchè se non rischi non ottieni nulla. Il mio vicino di casa, influenzato da queste voci aveva deciso un giorno, assieme ad altri conoscenti, di andare in città a lavorare ed io per qualche motivo mi ero fatto convincere e alla fine avevo deciso di seguirli. Alle prime luci dell'alba un giorno, io e i miei amici ci siamo così messi in cammino verso la città. Il viaggio era stato lungo e faticoso, ma pensavamo che alla meta ci aspettasse una visione paradisiaca come descritto dalle voci che avevamo sentito; invece con orrore, ci siamo subito resi conto che eravamo stati ingannati. Ci siamo trovati dinanzi uno scenario cupo ed inimmaginabile: all’orizzonte si innalzavano da alcune ciminiere, due cortine  di fumo che andavano via via espandendosi fino a formare nel cielo acceso d’arancione dal sole due immense nubi nere come la pece, come in prossimità di un temporale. Questo fumo che sembrava spuntare da un incubo dava allo scenario un’aria così cupa e spaventosa che persino le case disposte uniformemente all’orizzonte sembravano rispecchiare: rimanemmo immobili di fronte a questo spettacolo raccapricciante. Nessuno di noi aveva più la forza di fare un passo verso quel sentiero tappezzato qua e là da macchie di verde che portava verso la nostra meta. Nessuno di noi aveva più quell’entusiasmo che avevamo prima di partire. L’unica cosa che sembrava essersi salvato da quell’incubo era il fiume che continuava imperterrito il suo viaggio di fronte ad un tale scenario. Il fiume che seguiva il percorso del sentiero, era rimasto puro e questo lo si notava dal colore dell’acqua limpida che rispecchiava il colore rossastro del cielo che, mischiato a quello dell’acqua , sembrava prendere una nuova forma. Una forma che ci ricordava la campagna che avevamo lasciato. Ora riuscivo a distinguere la realtà dall’illusione: quello che stavamo vedendo non era frutto della nostra immaginazione,m a la pura verità. Volevamo scappare da là, nuotare fino all’isoletta in mezzo al fiume e nasconderci sotto le alte fronde degli alberi come facevamo una volta da bambini. Almeno là ci saremmo sentiti a casa, ma non potevamo, perchè dovevamo pensare alle nostre famiglie e per quanto fosse dura intraprendere quel sentiero,dovevamo resistere alle tentazioni e marciare avanti come fanno i pedoni negli scacchi.

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